Tra i mosaici della Basilica di San Vitale a Ravenna uno tra tutti cattura la nostra attenzione: i sacrifici di Melchisedec e Abele. L’altare su cui avvengono i sacrifici è coperto da un velo purpureo e una tovaglia bianca, entrambi ricamati in oro. Il mosaico risale al VI secolo d.C.
La decorazione dell’altare anche con addobbi frontali è una delle pratiche più antiche della liturgia risalente già ai primi secoli del cristianesimo. Insieme alle numerose opere pittoriche, ne danno testimonianza anche molti testi. Tra i più antichi per esempio l’atto di consacrazione della Chiesa di Santa Sofia a nel 360 d.C. a Costantinopoli in cui si scrive che l’imperatore Costanzo II regalò “drappi per altare”. Le prime citazioni parlano del paliotto come un ornamento di tessuto mettendo in evidenza come il paliotto che conosciamo noi oggi sia un’evoluzione dei lini che venivano fatti scendere davanti all’altare e che nel tempo, acquistando sempre più importanza, vennero decorati con ricami e pietre preziose.
Nell’opera Liber Pontificalis si parla di come già nel sec. IV fosse usanza ricoprire gli altari anche con metalli preziosi oltre che con stoffe sontuose. Risale alla metà del secolo IX il celebre altare di Vuolvinius Magister Faber in S. Ambrogio a Milano, un capolavoro di oreficeria dell’epoca medievale ed esempio di rivestimento su tutti e quattro i lati. Fino al periodo post carolingio la decorazione dell’altare veniva fatta sui quattro fronti. L’usanza di adornare l’altare solo sul davanti risale al periodo medievale, periodo in cui l’altare viene accostato alla parete della chiesa, in fondo all’abside. Da qui il nome “antependium”, ovvero “ornamento che pende davanti”. Inizialmente questo decoro veniva chiamato “pallium”, drappo, oppure “vestis altaris”, veste dell’altare. Quest’ultima denominazione in particolare richiamava proprio questo desiderio di avvolgere completamente l’altare con una veste per sottolineare ancora di più l’importanza di questo luogo nella liturgia.
Come è fatto un paliotto?
Riguardo le istruzioni su come deve essere fatto un paliotto si trovano informazioni in diversi scritti. San Carlo Borromeo è tra i primi a dare istruzioni precise sulla fattura del paliotto. Nella sua Instructio fabricae (1577) rammenta che come decorazione possono essere previsti immagini del santo a cui l’altare è dedicato oppure una croce. Per i paliotti delle messe quotidiane è sufficiente un tessuto di seta o filaticcio, mentre è da preferire una seta broccata d’oro o d’argento per le Chiese più importanti e per le solennità.
Nel Cerimoniale episcoporium (1600) si stabilisce l’uso del paliotto mobile ovvero di una cornice sui cui veniva teso il tessuto ricamato e che poteva essere messo e tolto all’evenienza. Questo ad esclusione degli altari formati da una tomba. Il Messale Romano di fine 800 invece dà alcune prescrizioni sul colore ovvero è possibile mutare il paliotto a seconda del periodo liturgico fatta eccezione dell’altare del Sacramento che deve essere sempre bianco.
Riguardo la decorazione, esempi di paliotto che sono arrivati ai nostri giorni mostrano come tra il XV e XVII secolo fosse il ricamo a mano l’arte più impiegata. Degni di nota sono i paliotti dell’epoca barocca in cui era tipico applicare decorazioni pittoriche o fregi lignei a preziosi tessuti di velluto.
Nel XVII sec. gli altari cominciarono ad essere decorati con bellissime sculture in marmo e intarsi minuziosi sulla parte davanti creando un ornamento permanente che portò ad utilizzare meno il paliotto. Tuttavia rimane oggi un importante elemento di decoro nelle Chiese che sottolinea al fedele il ruolo centrale dell’altare, mensa su cui viene celebrato il sacrificio eucaristico.
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